Adolfo Micheletti

Adolfo Micheletti (Borghetto Lodigiano, 6 marzo 1942 - Travagliato, 27 aprile 2022) è stato erede di tre generazioni di teatranti, quei “guitti” di nome e di fatto che con i padiglioni di legno (“carri di Tespi”) hanno girato le piazze italiane dalla metà dell’Ottocento fino alla metà degli anni Sessanta del Novecento, costituendo una vivissima e ormai dimenticata forma di teatro popolare “all’antica italiana”.
Terzo figlio di Pietro Luigi (cui è dedicato il teatro di Travagliato, suo paese natale) e di Lina Zampieri (figlia di Giuseppe, anch’egli capocomico) insieme ai suoi fratelli (Luciano, Luisa e Loris) ha vissuto l’apprendistato direttamente in palcoscenico, secondo i metodi usuali delle Famiglie d’arte.
Fin da giovanissimo recitava infatti nel repertorio canonico delle compagnie “di giro”: Addio giovinezza di S. Camasio e N. Oxilia, Cavalleria rusticana di G. Verga, I due sergenti di B. Daubigny e A. Maillard, I figli di nessuno di V. Salvoni e R. Rindi, Il cardinale di L. Parker, Il fornaretto di Venezia di F. Dall’Ongaro, Il padrone delle Ferriere di G. Ohnet, La cena delle beffe di S. Benelli, La fiaccola sotto il moggio di G. D’Annunzio, La maestrina, Scampolo e La nemica di D. Niccodemi, La morte civile di P. Giacometti, Santa Rita da Cascia di M. Rosso e F. Di Napoli, Tosca di V. Sardou, e tanti altri.
Inizia il proprio percorso artistico nelle compagnie capocomicali Grandi Spettacoli e Teatro Popolare del padre, battendo soprattutto le province lombarde di Brescia, Mantova, Cremona, Bergamo, Como, Lecco e Sondrio. Tra il 1951 e il 1955 è scritturato insieme alla madre nel Teatro Mobile Nazionale di Osvaldo Buonocore a Roma, in tournée in Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria. Gira la Toscana nelle stagioni 1958 e ’59 con la Compagnia Enzo Rispoli, dove – secondo l’antico sistema dei ruoli – è scritturato come “attor giovane”; e, poi l’Emilia Romagna con Mimmo Carrara nei due anni successivi. Tra il 1960 e il 1963 e poi di nuovo tra il 1966 e il 1968 è con Raimondo Rampini, scritturato nella compagnia Carro di Tespi come “primo attore”, con cui batte le province romagnole, toscane e liguri.
L’esperienza del teatro girovago, negli ultimi anni Sessanta, è ormai ampiamente superata e Micheletti la saluta definitivamente, ritirandosi dalle scene per qualche tempo, fino a che nel 1975 non decide di fondare, insieme alla moglie Nadia Buizza, la Compagnia teatrale I Guitti la quale, riallacciandosi idealmente alla linea artistico-dinastica delle antiche formazioni popolari, nasce sotto il segno della temperie sperimentale degli anni Settanta col proposito di offrire una originale, eccentrica rilettura del repertorio classico. Dalla sua fondazione, Micheletti è direttore della Compagnia. Come attore, nei “Guitti”, si confronta con generi diversi. Incontra più volte, da protagonista, la grande drammaturgia di Pirandello, di cui mette in scena: L’uomo dal fiore in bocca, La patente, Il berretto a sonagli, Cecè, Bellavita, Il fu Mattia Pascal. Si confronta con il repertorio della commedia classica di Plauto (Aulularia, Càsina), Machiavelli (Mandragola), Goldoni (La locandiera, Un curioso accidente, Gl’innamorati, La serva padrona ovvero La donna vendicativa) e di Molière (Il matrimonio per forza, Il medico volante, Il malato immaginario, Il borghese gentiluomo, Le furberie di Scapino, Il medico per farsa, La scuola delle mogli); presta spesso la propria verve ad un recupero della tradizione del vaudeville fin de siècle (Vi amo e sarete mia di L. Verneuil, Niente scherzi con l’amore di N. Buizza da G. Feydeau, Mio marito va a caccia, Divertenti inganni (Il gatto in tasca), La fortuna si diverte, Il sistema Ribadier di e da G. Feydeau, Il viaggio di nozze di Hennequin e Veber), ma non mancano le occasioni per affrontare titoli e autori più eccentrici, classici e contemporanei sia nel dramma che nella commedia: E. Rostand (Cirano di Bergerac), F. García Lorca (Ignazio Sanchez, L’amore quasi una fantasia, No tiene sangre!), M. De Ghelderode (Magia rossa, I ciechi, Il cavalier bizzarro), B. Jonson (Volpone), J. De Hartog (Letto matrimoniale), L.F. Rebello (Il giorno dopo).
Viene diretto, nel corso degli anni, da Giacomo Colli – con cui stringe un sodalizio artistico destinato a durare per un lustro, fino alla scomparsa del regista –, dal figlio di lui Gian Giacomo, da Cesare Gallarini, da Josè M.S. Cristal, da Nadia Buizza e infine da Luca Micheletti, suo figlio, l’ultimo erede della dinastia d’arte, dal 2003 regista stabile della compagnia I Guitti. Insieme a quest'ultimo, nel 2009, è tra i protagonisti di Sallinger di Bernard-Marie Koltès al Teatro di Roma per la regia di Claudio Longhi.
Come regista, mette in scena Tre atti unici di Cechov (1976), Tre atti di unici di Pirandello (1977), Due dozzine di rose scarlatte di A. De Benedetti (1979), Vi amo e sarete mia di L. Verneuil (1980), Attore solista da A. Cechov, G. Courteline, E. O’Neill et al. (1982), Il berretto a sonagli di L. Pirandello (1983), Le farse di Molière (1986), Le novelle della Pescara da G. D’Annunzio (1987), Un curioso accidente di C. Goldoni (1990), L’uomo dal fiore in bocca e La patente, Lumìe di Sicilia e La giara di L. Pirandello (2007 e 2008).
Da sempre attivo nell’ambito della didattica, ha rivolto una costante attenzione alla formazione teatrale che l’ha condotto a creare all’interno della compagnia un progetto “I Guitti per la Scuola", destinando centinaia di spettacoli al pubblico più giovane.
Tra il 2000 e il 2008 è stato ideatore e patrocinatore della stagione “A teatro con i Guitti” del Teatro Pietro Micheletti di Travagliato, e nel 2008 ne è stato direttore artistico.


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