LE VARIAZIONI GOLDBERG

di George Tabori | regia Luca Micheletti


"Se c'è qualcuno che deve tutto a Bach,
questi è proprio Dio."
Emil M. Cioran

LE VARIAZIONI GOLDBERG

di George Tabori
traduzione Marco Castellari e Laura Forti

personaggi e interpreti
Mr. Jay, il regista  Luca Micheletti
Goldberg, il suo assistente  Marcella Romei
Japhet, attore  Michele Nani
Raamah, attore  Pietro De Pascalis
Terese Tormentina, superstar  Claudia Scaravonati
Mrs. Mopp, operatrice d'igiene universale  Barbara Costa
al pianoforte Rossella Spinosa

regia Luca Micheletti
scene Csaba Antal
costumi Rosa Mariotti e Linda Riccardi
luci, audio, video Fabrizio Ballini
musiche originali e arrangiamenti Rossella Spinosa
altre musiche Johann Sebastian Bach, Francis Poulenc, Camille Saint-Saëns
suoni Roberto Bindoni
assistente alla regia Alice Lutrario
direttore tecnico Fabrizio Ballini
direttore di scena Stefano Bonetti
assistente volontario alla regia Andrea Sola
realizzazione scene Alberto Favretto e Lucio Serpani
sarta Rosa Mariotti
foto di scena Ezio Mereghetti e Fiorenza Stefani

produzione Compagnia teatrale I GUITTI
in coproduzione con TEATRO FRANCO PARENTI

prima rappresentazione assoluta:
Teatro Franco Parenti, Milano, 3-13 novembre 2016

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Esito dell'importante collaborazione dei Guitti in residenza per l'anno 2016 al Teatro Franco Parenti di Milano, per la prima volta in Italia il testo-shock di Tabori che Ingmar Bergman diresse nel 1994. L'idea di partenza dice già molto: a Gerusalemme, un gruppo di teatranti dell'era post-atomica mette in scena la Bibbia. O meglio, ci prova, incarnando ostinatamente il comandamento di Beckett “fallire ancora, fallire sempre, fallire meglio”. La drammaturgia di Tabori – come sempre debitrice a Brecht, con un gusto spiccato per l’aforisma e il Wits ebraico – si fa carico qui di risalire alle origini dell’identità religiosa e morale dell’Occidente e di tradurre per la scena i rischi e i paradossi del “prendere alla lettera” il testo sacro e del servirsene come terreno di scontro ideologico. Con un taglio umoristico, feroce e spregiudicato, Tabori illumina contraddizioni millenarie che regolano i rapporti dell'uomo con le religioni, il suo rifiuto e il suo bisogno della fede e le vie per sfuggirle “interpretandola”: il risultato è un divertissement svelto e pirotecnico, colto e pop, scorretto politicamente almeno tanto quanto demistificante. Non teme di affrontare ferite aperte dell'oggi quali l'antisemitismo, la guerra di religione, il neonazimo, frequentando senza scrupoli i generi della farsa, della tragedia, del cabaret, dell’apologo, reinventando un “teatro della crudeltà” in salsa yiddish. Tabori sceglie il teatro come specchio del mondo (e come esilio perpetuo da esso): l'omaggio alla tradizionale metafora del theatrum mundi si fa occasione di riqualificare la scena come luogo del conflitto e del dibattito, della riflessione etico-estetica e della rivoluzione. La sua drammaturgia è un’estensione grottesca ed ipertrofica del doppio prologo (in Teatro e in Cielo) che Goethe antepone al suo grande opus, il Faust: qui, come là, abbiamo un direttore intemperante e in conflitto con se stesso (visto che al ruolo di regista affianca quello di drammaturgo) e un assistente/performer che verrà in soccorso alla rappresentazione con il letterale sacrificio del suo corpo in scena. Come in Goethe, anche qui, egli è un attore “faceto”, ovvero un comico, un clown del destino, incarnazione delle sorti dell’umanità, sempre in metamorfosi e soggetto agli scossoni d’un volere superiore e capriccioso (non affatto immutabile) in lotta con la responsabilità personale. Un clown metafisico che si chiama “Goldberg”, nome tanto comune da raccontare l’ebreo-tipo e di cui il titolo promette le variazioni su tema. Ma il titolo promette anche la musica, qui eletta a pratica sublime dell’inattingibile armonia universale: sembra che Tabori si sia ricordato di Cioran che disse un giorno: “se c'è qualcuno che deve tutto a Bach, questi è proprio Dio”.


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