LE FARSE DI MOLIÈRE
" Via, dunque, giù, giù, tristo fantoccio odioso! Annegato, lì, come Mattia Pascal! Una volta per uno!"
Mattia Pascal sta vivendo una vita mediocre, a tratti disperata e tormentosa; ma, un giorno, guardandosi allo specchio, si vede vivere, comprende cioè di condurre un’esistenza da uomo ‘mascherato’, un’esistenza che non ama, fatta soltanto di umiliazioni e quotidiane finzioni. Lo sbalordimento che Mattia ne prova è l’inizio di una singolare battaglia tra l’uomo composto, ‘mascherato’ da una parte e – dall’altra – l’uomo che reclama una vita più incerta, più precaria, ma libera. Il personaggio di Paleari – parlando di un teatrino di marionette, dove si rappresenta la tragedia di Oreste che sta per vendicare l’uccisione del padre, avventandosi sulla madre e sull’amante di lei, Egisto – apostrofa Mattia così: “Se nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste sta per vendicare la morte del padre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Lei non pensa che Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo di carta?†E’ proprio così: Oreste, attraverso quello strappo vedrebbe l’immensità del cosmo, una prospettiva sconfinata che metterebbe in luce – per contrasto – tutta l’angustia, l’insignificanza dei suoi propositi di vendetta e dei suoi valori, destituendoli di ogni certezza; Anche Mattia pensa che al di là di quel cielo di carta, forse c’è la libertà , la rivincita per una vita nuova e felice. E vola oltre lo strappo, verso l’esplorazione di quel cielo. Ma quando cercherà la reintegrazione, all’uomo che ha tentato la fuga, che ha sfidato le convenzioni, il ritorno nel circo delle simulazioni non sarà più concesso. «L’uomo ‘composto’, ‘dabbene’, ‘associato’ che era prima della fuga, cede il posto a quello sconnesso, sbalestrato, disgregato».