Pietro Luigi Micheletti

Pietro Luigi Micheletti detto Piero (Travagliato, 13 novembre 1911 - 17 maggio 1964) è stato un attore e capocomico italiano. “Entra in arte” nel 1932 nella sua cittadina natale, dove è ferma la Compagnia di Giuseppe Zampieri; dapprima scritturato come musicista (suona la cornetta), impara presto che il suo destino è il palcoscenico e, sposata la figlia del capocomico, Lina, rimane scritturato fino alla stagione 1937-1938, finché forma una propria compagnia insieme alla moglie. Hanno quattro figli: Luciano (1935), Maria Luisa (1940), Adolfo (1942), Loris (1944).
Poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, “si fa” un padiglione in società con l’attore Gino Vezzoli, la cui sorella, Paola, ha sposato in seconde nozze il suocero di Piero, Giuseppe Zampieri ed è perciò matrigna di Lina. La società dura però solo per pochi mesi e terminerà, curiosamente, con la spartizione materiale del teatro mobile (avverrà in senso longitudinale e ciascuno dei due ex soci farà ricostruire la parte mancante).
Dopo la Guerra, Piero lavora capillarmente in tutto il Lombardo-Veneto. Separatosi dalla moglie nel 1947, porta in giro i suoi quattro figli, impegnandoli tutti in palcoscenico. Nei momenti di maggior miseria, sposta la sua Compagnia (nel tempo: “Grandi Spettacoli”, “Teatro Popolare”, “Drammatica del Popolo”) attraverso le abbandonate campagne padane, per mezzo di un carretto trainato da un cavallo, dove carica anche le proprie scenografie di carta, i bauli con i costumi e il poco “trovarobato” indispensabile. Recita il suo teatro popolare per il popolo più misero ed isolato, dove capita, nella provincia poverissima del dopoguerra, vogliosa di ricostruizione e di sogni. Piero porta a queste fasce dimenticate di società il repertorio dei “Carri di Tespi” sul quale egli stesso s’era formato: Il fornaretto di Venezia di Dall’Ongaro, Le due Orfanelle di Dennery e Cormon, Il conte di Montecristo dal romanzo di Dumas, La dannazione di Faust da Marlowe, La morte civile di Giacometti, Suora Bianca (Suor Teresa) di Camoletti, Il padrone delle Ferriere di Ohnet, ScampoloLa nemicaLa maestrina di Niccodemi, Luce che torna di Melani, Il Cardinale di Parker, e tanti altri. Non mancano i grandi libretti delle opere liriche più popolari, cui il musicista Piero ha un accesso privilegiato, recitati in prosa e a volte riscritti sulla base delle fonti letterarie originali: Tosca da Giacosa/Illica e Sardou, Rigoletto (Le roi s’amuse) da Piave e Hugo, La traviata (La Dame aux camélias) da Piave e Dumas, Il trovatore di Cammarano/Bardare.
Piero recita nei teatri periferici rimasti agibili, nei cortili, sotto i portici delle osterie, improvvisando palcoscenici con balle di paglia ricoperte da lunghe assi di legno, con tavoli accostati gli uni agli altri, con carri agricoli. È un teatro povero e “a tutti i costi”, illuminato da lampadine incastrate in barattoli e collocate in proscenio a mo’ di luci della ribalta. Ma è un teatro vero, povero ma mai dilettantesco, la cui tenacia ha salde radici su cui costruirsi e tanti esempi rimasti illustri anche nella miseria lungo tante generazioni d’arte.
Piero frequenta e anima questo mondo lontano e perduto per un altro decennio, accompagnando la stagione storica del teatro dei “guitti” girovaghi alla sua definitiva ed epocale estinzione. Muore il 17 maggio 1964 a Travagliato, la sua città natale che, a cinquant’anni dalla morte, gli dedica il Teatro Comunale che tuttora porta il suo nome e che è divenuto sede produttiva della Compagnia I Guitti fondata da suo figlio Adolfo.